e da quanto tempo state qui? - qualcosa mi diceva da tanto - lui mi guarda e sorride "nel 1968. avevo 9 anni. eravamo in dieci. ma sono italiano. napoletano." emilio ballato ha un ristorante in west houston, nel sud di manhattan (emilio's ballato), e' un uomo grosso con il viso triste. non credo parli italiano, nel suo napoletano vengono fuori in modo naturale parole americane o spesso traduzioni di queste - quanti piedi e'? ha chiesto ad un tratto. quel napoletano e' evidente che l'ha difeso con i denti. "sono napoletano" mi ha detto, e lo dimostra quella lingua, tutto il resto si, ma e' dentro di lui e non puo' essere impugnato. come o' per' e o muss', specialita' solo napoletana, mi ha chiesto: " a napoli fate ancora o per e o muss?", lo ha chiesto a me che invece ho molto poco di evidentemente napoletano. una lingua che contro il mio volere tradisce le mie radici e prende le forme e gli accenti piu' svariati, forse un giorno mi divertiro' a sentire tutte le provenienze che mi appiccicano. a nove anni non so quanto possa interessare la prorpia identita', forse non si sa neanche di averne una. ma a nove anni da un continente all'altro, da napoli a new york capisci forse che un'identita' te la stai gia' costruendo e allora ti scegli i pezzi che non puoi, che non devi, perdere e te li tieni stretti come il giocattolo che non butti. le pareti del ristorante di emilio sono eleganti e umili, lo so e' uno strano accoppiamento, ma e' cosi'. appesi alla parete ci sono dei disegni che uno strano artista fa sui tovaglioli o sulle tovaglie di carta ogni volta che va a mangiare da emilo, e lui incornicia e appende. sono appese delle foto che ci mostra con orgoglio. ci sono degli specchi con cornici barocche. c'e', alla vetrata di ingresso, una vecchia cucina a legno. e di sottofondo vecchie canzoni napoletane. un'identita' forte anche quella del locale, che accenna a se stessa appena entri, in modo sobrio e alla quale non puoi che chiedere di continuare a raccontarsi.