Photo: virginia

27/12/17

Pazzia

Provo a scrivere ciò che più mi manca di me ora che vivo nel regno di mia madre, dove non c'è spazio per altre identità se non la sua - ingombrante, urlante, buia, confusa.
Ho lasciato la mia vita in un deposito milanese. Vi ho lasciato la serenità, le luci soffuse, i colori. Ho lasciato lì la gioia di scegliere una bottiglia di vino e i gelati; vi ho lasciato i calzini caldi e la sciarpa messicana. L'emozione di iniziare un libro nuovo, sdraiata sul divano. Ho lasciato il silenzio e l'energia che ne scaturisce. Il cassetto con le tante scatole di tè, la tazza e il sottobicchiere inglesi. Ho lasciato anche Leonard Cohen, i mariachi e Gianmaria Testa. La voglia di leggere ed allontanarmi, quella di scrivere ed esplorare. Ho lasciato i desideri, non ricordo neanche quali e quanti. Ho lasciato la femminilità, la voglia di piacere e piacermi.
Mi muovo piano nel regno di mia madre per non rompere equilibri molto fragili che non saprei aggiustare. Non riconosco nulla, c'è rumore, c'è buio, c'è pazzia. C'è ciò che rimane di una madre, di una donna, dei pezzetti incolori sparsi sulle mensole. C'è delirio e rabbia, vendetta e ripicca, rancori e rimorsi.
Attendo, respiro piano. Non perdo di vista la porta.