Photo: virginia

29/02/08

moonshadow

Meno male i colori di van gogh, le linee di chagall, il minimalismo di hopper, la passione di gigio, gli scarabocchi di tore. Meno male la letteratura, i libri da sfogliare, le parole che si appoggiano dentro dopo averle lette, quelle che rileggi, quelle che dedichi. Meno male le luci che si spengono in una sala, tu sprofondata in una poltrona rossa o blu e un altro mondo che comincia e che cancella il tuo. Meno male il cielo blu e il sole giallo. Meno male la musica e le canzoni, quelle che ti fanno urlare, quelle chediconoproprioquellochevuoidiretu. Meno male il rumore del mare. Meno male che fra un po' verrà l'estate. Meno male l’abbraccio di tore e i suoi baci e le sue risate e i suoi uffa. Meno male le lacrime che ti riportano giù, giù, giù fino alla parte più tenera e vera di te. Meno male i ricordi e i sogni e crederci in tutti e due. Meno male il silenzio, quello di un crocefisso. Meno male chi ti sorride senza un perché. Meno male che “un giorno me ne andrò”. Meno male che “un giorno ci ritornerò”. Meno male gli occhi di b., quando li chiude e sorride e capisci che è fatta, ti ha fregato. Meno male queste “foglio”. E sì, meno male.

19/02/08

scorza, polpa, picciolo, seme

Era bella, mia nonna. Il suo naso minuto e dritto, gli occhi verdi e vellutati come le foglie di salvia, la bocca rossa e tonda mi sorpresero sempre portandomi oltre ogni ruga. Nel suo adamantino chiarore trovai spesso la consolazione, il conforto e la pazienza.
Mi nutrii della sua perseveranza e della sua discrezione.
Mia nonna rimase un donna energica e pronta a tutto per molto tempo.
Dopo aver compiuto gli ottant’anni, però, s’intristì d’improvviso e, irremovibile, decise di rinchiudersi nella sua camera da letto. Non ne venne mai più fuori, Dio Santo!
Nonostante fossi ormai un ragazzo restavo a lungo con lei, serrato lì dentro. Nel silenzio…
Mi sedevo per terra, al suo fianco. La sua presenza riempiva molte mie crepe.


Maria Rosaria Valentini, Quattro mele annurche, gce scritti


lo so, e lo sa chi cammina con me o chi ha incrociato per un po' la mia vita, lo sa chi mi legge, chi mi ascolta e chi solo mi osserva da lontano, sono attratta dalla nostalgia. ma la nostalgia, pur avendo in sè una buona dose di malinconia, io la trovo positiva, riempie. riempie di passato e rinforza in vista degli eventi che ancora debbono accadere. quattro mele annurche l'ho trovato due anni fa alla fiera di roma, della piccola editoria. le mele annurche sono la mia infanzia. le mele annurche sono napoli. le mele annurche sono mio padre alla fine di ogni pasto che chiedeva di sbucciarne una. io mi sentivo grande e orgogliosa. una fetta di quel frutto dolce e amaro era la mia ricompensa. con stupore ho constatato che lasciare napoli è stato lasciare anche le mele annurche, non vederle più nei mercati, nei cesti, nella nostra cucina. non vederla più a fine pasto. le ho ritrovate in questo mercato di libri, avvolte da nostalgia, un po' di tristezza ma anche tanta vita.

18/02/08

what I need


07/02/08

tra sogno e realtà... io

Ho aperto gli occhi sotto il mio piumoncino e ho percepito una luce morbida nella stanza. Era sicuramente presto. O forse presto solo per il mio corpo. Ho richiuso gli occhi e i ricordi della piacevole serata mi hanno traghettata nel nuovo giorno. Per una sera le nostre vite sono diventate parole che si facevano sempre più leggere tra gamberetti e vino. Sguardi e risate erano l’espressione di complicità e affetto. La cucina incasinata dopo una cena di piaceri è bella come il letto sfatto dopo l’amore. Qua e là tracce di intesa. Era presto stamattina, e io mi sono immersa nella luce che ormai da sempre non chiede permesso ma entra. Ho aperto la porta e l’odore del mare mi ha aggredita. Credo che al mondo oltre alla risata di mio nonno nei miei ricordi io non smetterò mai di cercare l’odore del mare, il blu, il rumore. Allora sono stata lì, non so per quanto. Per tanto. Per tanto tempo. In realtà credo di essere ancora lì. Lasciatemi lì, ancora un po’ vi prego.

05/02/08

okkupiamo

insomma approfittiamo della diretta. mentre qui si lavora un gruppo di ragazzini, età media 15 anni, ha occupato gli uffici della fondazione per il libro, un piano sotto di noi. bandiere della palestina e scotch su carta: si dicono dissidenti. leggono giornali e si affacciano alle finestre eccitati e quasi increduli. sotto la gente comincia a fermarsi, incuriositi. loro si sentono grandi e importanti. giornalisti fanno foto e la polizia passeggia sorridendo. no, dico, ci dicono che da qui a maggio saremo chiusi e sorvegliati, e un gruppo di ragazzini entra e d occupa. però, per quanto le mie idee, la mia opinione su tutto ciò sia un'altra e magari ve ne scriverò. presto. insomma comunque appoggio l'occupazione, come fatto in sè. bisogna esprime, esprimere, esprimere. bravi. generazione più sveglia della mia sicuramente, noi neanche la scuola riuscivamo ad occupare, e se lo facevamo i nobili motivi non andavano oltre il riscaldamento fuori uso.
per le immagini non posso che rimandare a franci!!

04/02/08

"ma la monnezza resiste a tutto"

Ogni volta che leggo un articolo di Saviano il mio respiro si fa veloce e faticoso. Mi fermo e ricomincio. E poi mi fermo e salto parole per andare avanti. Poi mi rendo conto di quanto sia illogico ciò che faccio e cerco di calmarmi e riprendo. Ma ormai una smania si è impossessata di me. Una frenesia. Dentro sento un magma fatto di rabbia, incredulità, e di altre forze irrazionali che vorrebbe esplodere. Mi verrebbe da strappare il giornale. Da prendere il telefono e chiamarlo e dirgli ma come fai? Ma come fai ad essere cosi spietato, analitico e chiaro. E mi verrebbe poi da dire all’Italia intera, ma state leggendo anche voi ciò che leggo io? E avete capito ciò che ho capito io? E niente? non succede niente? io piccolo essere insignificante, vorrei gridare e dire basta. E voi, voi tutti? Niente? La semplicità delle sue domande e delle sue risposte è spiazzante. “Perché non si è fatto nulla? Perché l’emergenza fa arrivare soldi a tutti. E quindi di emergenza si vive. Finita l’emergenza, finiti i soldi.” Nella sua semplicità, e perché no, ovvietà, questa cosa è tremenda. De Gennaro ieri da Fazio mi è sembrato equilibrato, competente, determinato, realista. Ma lui rimane lo stato. Saviano con le sue parole, con i suoi punti interrogativi, coltelli che vanno su e giù in una ferita che brucia e che non smette di sanguinare, Saviano è la gente. O meglio, è ciò che la gente non riesce e non può dire. De Gennaro chiede fiducia, e quanta la voglia al di qua dello schermo di fidarsi. Ma Saviano: “Eppure ricevono la massima garanzia che la loro situazione non peggiorerà. Ma da chi le ricevono? Da coloro di cui non si fidano più. Da coloro che hanno sempre appaltato lo smaltimento a ditte colluse, a uomini imposti dai clan di camorra. E chi deciderà quindi davvero la sorte dei rifiuti? Come sempre i clan. A loro non ci si può ribellare. Ma siccome allo Stato invece sì, spesso contando su una buona dose di pazienza dei reparti antisommossa, si fa ostruzione alle sue decisioni perché non accada poi che si inneschino i consueti accordi.” Caro De Gennaro, la fiducia non la si chiede. La si ottiene. Agendo. Facendo. Ci vuole tempo e pazienza, ha ribadito più volte ieri sera. Appunto. I napoletani diffidano, da sempre. E mai come ora questa diffidenza è necessaria. Anche se tragica.