Mio padre era l'estate.
Era l'estate umbra con i suoi campi di girasoli gialli e di grano arrotolato, con i trattori da sorpassare, le sagre paesane, la carne arrosto, il vino buono. Era l'estate napoletana, con l'odore del mare, i piatti di cozze e vongole, le spiagge affollate, le nuotate fino ad arrivare agli scogli, il vino con le pesche, la passeggiata sul lungo mare, i taralli con il pepe. Era l'estate romagnola, la partita a bocce e quella a carte, i balli che non sapeva ballare, le passeggiate sulla spiaggia, le chiacchiere al bar. Mio padre era l'estate che aspettava, "quando c'è il sole mi sembra di sentirmi meglio", disse qualche giorno prima di morire. Il cancro è stato più veloce di questa estate che ora è arrivata inutilmente. E' un'estate che brucia questa, che parla solo di assenza. E' un'estate priva di senso. I girasoli, il verde, le cozze, il vino, il sole, i gelati, sono pietre che mi vengono lanciate ogni secondo.
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