Photo: virginia

13/07/10

eccezioni

ora che vivo all'estero, tutto ciò che faccio in italia diventa un'eccezione. credo sia la cosa che più non riesco ad accettare, che più mi infastidisce, perchè non posso farci proprio niente, è cosi e così me la devo prendere. è un'eccezione passare del tempo con salvatore, riderci, litigarci, parlarci. è un'eccezione mangiare con mia nonna, è un eccezione prendere la mia nipotina in braccio e sentire la sua testa abbandonarsi sulla spalla e accorgersi che si è addormantata affidandosi a te. è un'eccezione anche senitire questo caldo appiccicoso e senza dubbi fastidioso, che qualche tempo fa mi avrebbe fatto sbuffare e lamentare. invece no, non riesco, non ce la faccio a lamentarmi. perchè so che è un'eccezione, e non ti lamenti di un'eccezione. non ti lamenti di niente, ma questo vuol dire che le cose non sono più le stesse, non sono più naturali come una volta, ma sono "razionalizzate" solo per il fatto che nel momento in cui le fai e ne godi (o ne soffri), sei consapevole che non è la normalità. prima la mia eccezione era napoli e tutto cio che essa conteneva. ora è l'italia. mi estraneo sempre di più e ho sensazioni contrastanti a proposito, di sicuro non positive. sentire parte della tua vita come un'eccezione, come un qualcosa di "pensato" che non ti appartiene piu in modo naturale, mi fa proprio incazzare. ma è così.

5 commenti:

DindoloM ha detto...

Vi... come darti torto... L'Italia è un'eccezione perché il paese dove si vive è la quotidianeitá... ed è cosí e, che ci piaccia o no, l'abbiamo scelto noi. Piú passa il tempo e piú sentirai (almeno a me è successo) que quei luoghi e quella vita non ti appartengono, nonostante ci siano le persone che ami inizierai a pensare che non sei piú fatta per vivere lí... che quella non é piú la tua vita... Ricordo ancora una volta, qualche anno fa, che tornando dall'Italia arrivai all'aeroporto di Valencia e vedendo i cartelli scritti in spagnolo pensai "Sono a casa!" e questo pensiero mi scioccó, perché per la prima volta avevo associato, senza nemmeno rendermene conto, la Spagna con casa mia e non l'Italia...

Valentina ha detto...

benvenuta nel mio mondo amica. sono solo 13 anni che mi sento cosi. ehmmm.... meglio non pensarci.

Anonimo ha detto...

Parole sante, Vi.
Proviamo solo a non incazzarci.

Baci,
sara

Amicacarmilla ha detto...

qualche giorno fa ho avuto un'interessante conversazione con una mia collega yogina. il suo ragazzo ha un background misto, ha vissuto in diversi paesi e, anche se vive in UK da tanto tempo, non si sente di chiamarlo casa. le ho chiesto se questo lo facesse sentire *perso* e sradicato. lei mi ha detto che, anche se lui si sente a *casa* quando si trova in un ambiente multi-culturale, non soffre di questa cosa. anzi, riesce ad adattarsi bene alle varie situazioni che la vita gli presenta.

a questo proposito ho riflettuto sul concetto di identita'. questa e' una nota che scrissi qualche tempo fa e la condivido qui:

certe persone ricercano stabilita' nelle certezze associate con una casa, uno stato sociale, una terra che chiamano patria e l'affetto dei propri cari. e' un modo - dicono - per riaffermare la propria identita'.

ma se trovassimo il nostro centro interiore, saremmo sempre in contatto colla nostra identita', che - tra l'altro - e' in continuo mutamento, indipendentemente da dove viviamo o residiamo, senza sentirci disancorati.

niente in contrario nel coltivare le relazioni con le persone che contano e creare il nostro microcosmo paradisiaco, ma quando queste verranno a mancare, sapremo dove rifugiarci -- in quello spazio intoccabile e immutato che abbiamo creato dentro di noi.

questa riflessione, oggi piu' che mai, assume una valenza fondamentale nel mio percorso di yogina...

Love & Light
AmicaC.

16/07/10 17.03

vi ha detto...

silvia non sono molto daccordo, si, a grandi linee e' bello cio che dici ma e' molto filosofico, poco concreto. un senso di appartenenza ad un luogo e' un qualcosa di molto naturale, e' proprio di questo a cui tutte noi ci riferiamo, e' co che non ti rendi conto di avere se non in determinate situazioni, e volente o nolente fa parte della nostra identita', come anche una lingua. non c'e' niente di mal nell'averlo, non si tratta di cercare una stabilita', e' qualcosa di piu profondo e piu semplice, e non credo centri niente con la propria stabilita' interiore, che e' il prodotto di altri fattori.