Photo: virginia

20/12/07

quann' nascett' ninn'

Succede che torino di mattina è un paesaggio di vetro. Sembra di ghiaccio e ti viene voglia di toccarla ma hai paura che si rompa. Allora resti a guardarla, macchiata qua e là dal rosso e dal verde dei semafori. Succede che riesci a riscaldarti solo dal caldo che viene fuori col tuo respiro e succede che questa cosa ti porta indietro. A quando da piccoli si aspettava il freddo freddo – che a Napoli, ahimè, faticava a venire – perché si potesse intravedere il “fumo”. Si, anche noi bambini potevamo dire di fumare grazie a quell’aria calda che usciva misteriosamente dalla nostra bocca. Succede che vedi il natale intorno a te sottoforma di buste colorate, di tutte le dimensioni e ti viene in mente tutt’altro. La scatola dei pastori dalla quale ogni anno veniva fuori un pastore senza mano, uno senza testa e tu ci eri così affezionato che poi lo mettevi lo stesso, magari nascosto da qualche parte. Il muschio vero raccolto in pineta. Le luci colorate, che pure quelle ogni volta ne avevano una in meno. Si aspettava la vigilia e che da qualche parte sbucasse Eduardo. Natale senza Eduardo non arrivava. Succede che l’infanzia sembra un percorso breve rispetto al resto della vita che uno crede di avere. Eppure. Eppure il pensiero e il sentire vanno lì. Succede che quel proust lì aveva capito tutto. Succede che sotto l’albero io cerco questi ricordi e li ritrovo. Ritrovo le voci, i suoni, addirittura gli odori. Sento mio nonno e la sua risata. Vedo mia nonna con pentole e sughi. Vedo mio padre, sempre ultimo a rientrare. I miei fratelli che spostavano i pastori da una parte all’altra. Sento odore di mandarini, sbucciati per giocare a tombola. E vedo me sola nel buio del soggiorno davanti al presepe a fissare le luci delle case. E poi sento un dolore. ma sarà che i ricordi ogni anno fanno più fatica. Un anno in più. E questo porta dolore, virginia. E allora, va bene così. Buon ricordo di un buon Natale.

14/12/07

la stabilità

Oggi non vorrei stare qui. Sedere su questa sedia, scomoda e troppo calda. Accendere la lampada anche se sono le 11 del mattino. Conversare col computer. Sentire un sottofondo di squilli e tastiere. Combattere contro il caldo anestetico e malsano dei riscaldamenti a palla. Oggi non vorrei stare qui. Avere il pranzo in frigo. Niente sorprese, se non l’ora non ancora programmata del caffè. No, oggi non vorrei stare qui. Con la consapevolezza che ci starò anche lunedì. Con la sensazione che domani è il solito sabato. Il sabato di chi sta qui. Con questi sogni un po’ fragili che passano e spassano nella mia mente e che poi vanno a finire sempre in panchina. Oggi non so dove vorrei stare. Non qui. Ogni tanto le vite che non ho scelto si ribellano e tornano alla mente. E tu le senti a ogni cosa che fai. A ogni mail che mandi. Sbuffi e non volevi sbuffare e allora capisci che sono le strade non prese, le persone non incontrate, le giornate non vissute che reclamano il loro spazio. Oggi dunque non starei qui. Oggi io non sono qui.

13/12/07

oggi tradisco la stabilità

Anche se sulla stampa c’è la mia bella faccina con sotto un “dice sconsolata virginia” io sconsolata non ero. Certo neanche a 15 anni ho aspettato due ore per un biglietto e non avrei mai immaginato di farlo per i subsonica. Ma il biglietto l’ho preso. Energia pura il concerto. Tante le canzoni vecchie. Belle quelle nuove. Bello il loro mimetizzarsi con le luci. Poi, anche se so che qualcuno non sarà d’accordo, vedere Samuel muoversi sul palco al ritmo della sua musica e delle sue parole... come dire?... è stato interessante. Davvero interessante. Insomma quelle due ore di umidità ad aspettare che uscisse fuori il biglietto da qualche parte sono valse. Certo inconcepibile avere sul parterre qualcuno che non solo non ha mosso di un centimetro il proprio corpo durante il concerto, ma era anche abbastanza infastidito dai salti e dai balli. Avevano forse sbagliato concerto? dovrebbero rilassarsi un po’ di più? Mah. Dopo i marlene a cuneo e i subsonica a torino sono convinta che sarebbe il caso di sentire le band nelle proprie città. Quel qualcosa in più.

11/12/07

Quelli che...

… torino è una città stimolante
… sto fine settimana ci divertiamo proprio
… dobbiamo assolutamente festeggiare il tuo compleanno

in realtà quelli che...
… la mia mansarda è un posto stimolante
… avevano già dato
… distrutti dal mio compleanno


07/12/07

m' bast na jurnat' e sol'

Lo so, lo so. Avevo detto niente libri. Niente libri se prima non hai letto almeno uno di quelli che hai. Almeno uno di quelli che hai comprato ultimamente. Ma non ce l’ho fatta. Sono entrata alla feltrinelli a testa bassa. Mi sono diretta al piano di sotto, sezione musica. Unico scopo, prendere un biglietto per il concerto dei subsonica. Sono uscita con Ian McEwan. Senza i subsonica. L'altro giorno mi parlavano di una persona che aveva fatto il conto dei libri che aveva da leggere e degli anni che potenzialmente gli restavano da vivere: aveva la certezza che quei libri non sarebbe riuscito a leggerli tutti. Davvero triste. Poi che vi dico? Articolo equilibrato e saggio di Scalfari su Repubblica, su quella testa matta di Bertinotti. Parole interessanti di Eco sull’arte di dimenticare, o meglio, di credere di aver dimenticato… che mi ha fatto venire voglia di farci una tesi. E poi quell’artista francese che in ogni capitale europea dove nessuno se l’aspetta lui ci mette abusivamente una sua opera, piccole mattonelline che formano mosaici con personaggi dei videogiochi. Mi piace. Un modo discreto per non prendere troppo sul serio i luoghi, le città. E per appropriarsene. E poi? E poi odore di natale. O almeno cerco di convincermene io. Ma solo odore. Niente colori. Niente rumori. Non qui nella nobile ed elegante Torino. D'altronde per me natale è gente che si affolla e si affretta nelle piazze, fra le strade, nei mercati. Luci che si accendono e spengono ovunque senza armonia, senza un senso, senza una logica, sembra. Eppure poi in tutto questo un senso esce. Negozi affollati che ti viene voglia di scappare solo a guardarli da fuori. È caos. Movimento. Vita.

04/12/07

ma che freddo fa

Rimane una bottiglia di novello, qualche arancia e un solo spazzolino. Del caffè lasciato nella caffettiera. Accendini e posacenere. Rimane il divano letto da non aprire e il tavolo sgombro. Rimane un sotto piatto piegato. Rimane la piazza di sotto, sempre la stessa con i suoi movimenti, con i suoi colori. Rimane il silenzio che ricorda il rumore. Rimango io, che sorrido da sola cercando un ordine che non so se davvero voglio. Rimane di più, molto di più. Quel di più che ti riempie e che però non riesci a stringere. E quello non si mette in ordine ma si lascia lì dov’è. E allora li rivedo, gigio che fa la schiuma del caffè, biagio la spremuta, io e cinzia in cerca sempre di un tavolo pulito, gaetano in cerca di un lavandino in ordine. Annalisa e paolo ad aspettarci. E sempre, da qualche parte, un bicchiere di vino alla portata di mano con un sottofondo di musica e coperte.